Allora, lo so. Hai aspettato a lungo l’uscita di un nuovo numero di questa newsletter. Ora probabilmente, dopo una latitanza durata tutto il mese di agosto, tutto quello di settembre, tutto quello di ottobre e tutto quello di novembre, probabilmente neanche ci speravi più. E invece.
Sono successe tante cose in questi quattro mesi: sono stato in Svezia, Francia, Stati Uniti e poi in Germania dove ho iniziato a scrivere questo testo ma senza finirlo. Non ho tenuto fede al mio impegno di fare un numero dal titolo “fuori dal quarter” ogni tre mesi, ho ricominciato e terminato il mio corso all’università (senza fare troppa pubblicità a questa newsletter perché sarebbe stato un ottimo modo per guadagnare nuovi lettori ma voglio che questo prodotto rimanga di nicchia), credo di essere uscito da un periodo non semplice della mia vita e aver trovato se non della felicità quantomeno della serenità e di solito se sto bene non scrivo. Tra le altre cose, ho deciso di provare a stare per un mese intero (ottobre) senza bere alcolici, e ho partecipato a un sacco di eventi.
Riguardo il penultimo punto, quello del “sober october”, ovvero tutto ottobre senza alcol, posso darti un consiglio: se hai mai pensato di provarci io l’ho fatto e posso dirti che sì, si può fare, ma che no, non ne vale la pena. Se hai superato i trent’anni i tuoi mali probabilmente non sono causati dall’alcol e posso confermarti che mangiare un risotto senza bere vino è una tortura che neanche in Corea del Nord applicherebbero.
Invece, riguardo l’ultimo punto, quello degli eventi, ecco: è il tema di questo numero.
Da settembre a oggi credo di aver partecipato a quasi una ventina di eventi “di business”, quelli cioè dove si parla di cose di lavoro, la metà come oratore, l’altra metà come uditore. Tutti eventi più o meno diversi, tutti più o meno uguali. La modalità ricade sempre tra queste due: filotto di presentazioni, 15 minuti di slide a testa e via, con variante 20 o 30 minuti a disposizione e variante sul numero di presentazioni in contemporanea oppure tavola rotonda con panel di esperti.
Partiamo dalle “tavole rotonde”. A parte che non sono quasi mai rotonde ma sono un tavolo di fronte a una platea più o meno assonnata in cui i relatori non sanno mai se guardarsi tra di loro o guardare il pubblico. Le domande sono spesso concordate in anticipo, si evitano temi spinosi, si sta in superficie così che tutti possano capire ciò di cui si sta parlando. Insomma, non c’è approfondimento e la sensazione per chi ascolta è di aver sentito tante cose che già sapeva. Le tavole rotonde sono una sorta di Chat GPT in real life, tanto che se chiedo a Chat GPT di generare domande e risposte di una tavola rotonda se la cava piuttosto bene:
Prompt: Si è tenuta una tavola rotonda sul tema delle auto elettriche, con l'intento di analizzare pro e contro di questo tipo di mobilità. C'erano cinque esperti intorno al tavolo: Antonio Bianchi dell'azienda che produce auto, Beniamino Rossi dell'azienda che produce batterie per le auto elettriche, Carla Verdi dell'associazione degli ambientalisti, Davide Neri della compagnia petrolifera e Enrica Blu rappresentante del ministero dei trasporti. Genera le domande che sono state svolte e sintetizza in un paio di righe le risposte ad ogni domanda da parte dei partecipanti
Domanda: Quali sono le sfide principali che le auto elettriche devono ancora affrontare? Risposte:
Antonio Bianchi: L'autonomia delle batterie è ancora limitata e il costo delle batterie stesse è un ostacolo.
Beniamino Rossi: Lo sviluppo di batterie più performanti e più economiche è cruciale per migliorare l'autonomia e ridurre i costi.
Davide Neri: La dipendenza attuale dalle risorse per la produzione di batterie è una sfida strategica da considerare.
Domanda: Qual è il ruolo delle infrastrutture di ricarica nel promuovere l'adozione delle auto elettriche? Risposte:
Antonio Bianchi: Le infrastrutture di ricarica devono essere migliorate e diffuse capillarmente per garantire una maggiore adozione.
Carla Verdi: Investimenti nelle infrastrutture di ricarica sono fondamentali per rendere le auto elettriche più accessibili.
Enrica Blu: È necessaria una strategia coordinata tra settori pubblici e privati per sviluppare una rete di ricarica efficiente ed estesa.
Domanda: Come possono le auto elettriche integrarsi con l'attuale panorama energetico e industriale? Risposte:
Beniamino Rossi: L'integrazione con le energie rinnovabili può rendere l'intero sistema più sostenibile.
Davide Neri: Una transizione graduale e strategica è necessaria per bilanciare la domanda di petrolio e l'evoluzione verso nuove tecnologie.
Enrica Blu: Gli incentivi e le politiche pubbliche possono facilitare l'integrazione delle auto elettriche nell'ecosistema dei trasporti.
Più o meno verosimile. Se noti, anche Chat GPT ha inserito parole che spuntano sempre fuori nelle tavole rotonde: “cruciale”, “strategica”, “capillarmente”, “accessibile”, “coordinata”, “integrazione”, “graduale e strategica” (combo!), “ecosistema”. Tutte parole che sentirai in questo format, qualunque sia l’argomento. Il significato reale? Nessuno.
Ma passiamo ora all’altra tipologia di eventi, quella della serie di speech a ruota, in quantità tale che il povero uditore non sa mai quale evento seguire e nella maggior parte dei casi finirà per perdersi l’unico speech interessante, ammesso che ci sia.
Il mantra di chi organizza eventi è “pluralità”: avere tanti oratori è sintomo di estrema qualità dell’evento e non si teme in alcun modo che moltiplicando il numero delle presentazioni si finisca per dividere la qualità.
Parte lo speech. C’è un problema con la presentazione. Perché è matematico: c’è sempre un problema con la presentazione. Il microfono non funziona. Il gira slide è difettoso. Cazzo, ma fino a due minuti fa funzionava. Ok, problema risolto. Battute di circostanza. Risatine del pubblico.
“Ma per farvi capire meglio ecco un video che racconta chi siamo”. Partono due minuti che nella maggior parte dei casi si svolgono così:
Musica “emozionale”
Logo aziendale
Drone sullo stabilimento, guarda che metratura eh, splende il sole là fuori, il sol dell’avvenire
Qualche numero perché abbiamo dei numeri, magari ecco, aggiungiamo anche che siamo leader di mercato perché tanto chi può dire il contrario?
Ora caliamo il pezzo da novanta: facciamo vedere che qui si lavora in team. Mettiamo qualche immagine di una riunione improbabile. Sei persone intorno a un tavolo che indicano dei grafici che salgono, perché i grafici salgono sempre
Nel nostro crescendo rossiniano dobbiamo far capire che siamo innovativi, e via con un ingegnere che fa girare dei file 3D su un PC
Ora dobbiamo metterci un po’ di diversità: ce l’abbiamo una donna? Un nero? Qualche asiatico? “Chiamatemi Mohammed che dobbiamo fare una ripresa mentre stringe la mano al titolare!”
E poi ecco un po’ di valori random: Passion, Innovation e altre supercazzole
Ah, non dimentichiamoci che siamo attenti all’ambiente, ce le abbiamo due pale eoliche da mettere nel video prima di chiudere?
Logo. Sipario.
Più o meno i video aziendali, ormai, sono tutti così e la proporzione tra quanto piacciono a chi li fa e quanto sono inutili per chi se li deve sorbire è di 1:1. Qualche anno fa un sito di video stock ci aveva pure scherzato su:
Poi parte la presentazione. La realtà è che le capacità oratorie, specialmente in questo Paese, latitano abbastanza e più si partecipa a questo tipo di eventi e più ce ne si accorge. Innanzitutto, all’oratore non è mai chiaro che nessuno si ricorderà di tutti i numeri che metterà nella sua presentazione, ma ne mette comunque tantissimi. Poi ci sono i tic verbali. Su tutti segnalo che è in netta ascesa il morbo del “quelli che sono”, che ormai si è diffuso a macchia d’olio. “Ora andiamo a vedere quelli che sono i numeri di quelle che sono le attività svolte utili a capire quelli che sono i punti cruciali di quella che è la nostra strategia”. Quante volte sentirai espressioni di questo tipo?
Poi c’è l’oratore che dice “vabbè” quando vede delle slide che salterà e quello che prima di iniziare chiede scusa perché non è molto bravo e inizia a condire il suo intervento con una serie di “eehm”. Ecco, se ci sono cose che “vabbè”, non le mettere e se non sei molto bravo a presentare non te lo sta prescrivendo il medico di farlo.
Poi c’è il pubblico: in tantissimi casi non è mai quello che servirebbe, ma è quello che ci si è ritrovati ad avere. Perché nella maggior parte dei casi chi organizza conferenze fa pochissimo per promuoverle e finisce che più l’evento è “business” più è popolato di uomini di mezza età che sfruttano quel momento per prendersi una pausa dall’ufficio e farsi due chiacchiere coi vecchi amici.
Ah, e poi ci sono i buchi nel programma che prendono il nome di “momenti di networking”. No: non voglio “fare networking”, vorrei tornare a casa con delle informazioni utili o quantomeno con un’idea, almeno una, che prima non avevo! Ma purtroppo questo accade sempre più di rado.
Seguono interminabili presentazioni noiosissime e ci sono addirittura casi di eventi in cui chi li organizza non si preoccupa neanche di offrire del cibo a chi partecipa. Gravissimo. Chiariamo una cosa: se l’evento è a pagamento pretendo che ci sia del cibo gratis, se è gratis sarebbe buona norma.
Davvero, è un problema. Quello del cibo soprattutto, ma quello degli eventi in generale.
Ora che hai capito la situazione e forse avrai notato anche degli elementi a te familiari, però, devo portare qualcosa di utile a te che mi stai leggendo e che non sarai felice di aver aspettato quattro mesi per leggere le mie lamentele sugli eventi. Serve che io porti una soluzione. Ma la soluzione è difficile, questo tipo di eventi ormai si è sedimentato nel tempo ed è difficile da sradicare, siamo su un piano inclinato in cui tutti si sentono di dover organizzare una conferenza che replichi questo schema trito e ritrito, anche se inefficiente. Ecco quindi due proposte, che non saranno rivoluzionarie ma potrebbero essere utili:
Investire sulla qualità di chi parla. Serve gente brava, che dica cose utili e, soprattutto, che sia in grado di farlo. La maggior parte di quello che ci ricordiamo è relativo al “come” una cosa viene detta più che al “cosa”. Quindi l’input è: meno presentazioni, più gente brava a presentare.
Se non è possibile portare approfondimento, portiamo almeno della caciara. Ma caciara vera eh. Spiego meglio: qualche anno fa ho avuto la fortuna di, come dico di solito, “fare la televisione”. La cosa più importante che ho imparato “facendo la televisione” è che un prodotto televisivo è interessante soltanto se c’è conflitto. Impariamo dal conflitto. Se c’è conflitto il nostro cervello innesca delle emozioni e inizia a fare dei ragionamenti. Chi seguirebbe un talk show in cui sono tutti d’accordo? Nessuno. Motivo per cui esiste Sgarbi e personaggi che si collocano su quella scia. Suscita un’emozione. Se non sei d’accordo, anche inconsapevolmente, stai riflettendo sul tuo punto di vista come contrapposizione al suo. Senza conflitto non c’è narrazione. Serve per tenere le persone attente, per portare prospettive nuove, per la bellezza di andare fuori tema e vedere come le persone se la cavano di fronte all’imprevisto. Nelle scorse settimane Morgan ha resuscitato X-Factor facendo Morgan e facendosi cacciare perché ha fatto Morgan. Ecco, serve disperatamente qualcuno che agli eventi seri, alle conferenze, ai seminari porti del conflitto. Qualcuno che alzi la mano e vada contro quello che stanno dicendo gli oratori, che li metta in crisi, che crei dibattito, che provochi, che faccia domande e non si accontenti di ricevere risposte vaghe. Serve una sana dose di conflittualità, di scambi, di imprevisti agli eventi. Servono degli Sgarbi, dei Cruciani e dei Morgan per gli eventi di business, affinché chi partecipa, se non si è portato a casa nessun contenuto di valore, quantomeno possa dire di aver assistito a un bello show.
Per quanto indicato al punto numero due, mi offro volontario.
Nelle puntate precedenti
Questa newsletter esce a intervalli irregolari, magari sta ferma quattro mesi e poi riparte, parla di cose a caso come: scenari post-apocalittici, domande in stile Focus, considerazioni sulla geografia del nostro tempo, la storia del calabrone, una trasferta a Chicago, la Venere turista, l’LSD, le cose che imparo, la sinistra, RAI Play, le televendite, le previsioni, i cinepanettoni, Elon Musk, l’arte, il metaverso.
Il prossimo numero posso solo dirti che uscirà tra meno di quattro mesi. Ciao.