Immagini stock e basta o immagini stock con qualcosa
Tutte le campagne di promozione turistica sono fatte così. Perché la cosa ci stupisce tanto?
Due degli ultimi quattro mestieri che ho fatto sono tra quelle professioni che espongono al giudizio delle altre persone, che osservano ciò che fai e che sicuramente (a loro dire) avrebbero fatto meglio di te se fossero state al tuo posto. Se in pochi si sentono di criticare un operaio per come ha stretto dei bulloni o di suggerire una tecnica alternativa a un chirurgo, questo non accade per due degli ultimi mestieri che ho svolto.
Il primo di questi è quello dell’allenatore, il preferito dagli italiani. In dieci anni di carriera ho sentito una quantità di gentili suggerimenti su quello che avrei dovuto o non avrei dovuto fare, sulla tattica migliore, sui cambi da fare, sui punti in classifica, sulle convocazioni, che potrei scriverne qualche libro. Tutti commenti che arrivavano da persone che non hanno perso un secondo della loro vita a studiare lo sport, ma che “sanno”. Sanno e basta perché guardano. Sanno perché è ovvio che facendo in un altro modo sarebbe andata meglio. Quello che non sanno è che ci sono molte più variabili di quelle che considerano.
L’altro mestiere della mia vita sottoposto al giudizio altrui è quello del marketing. Quando il marketing diventa comunicazione e oggetto pubblicitario bisogna mettere in conto che ci sarà sempre chi riderà sotto i baffi per una creatività, che dirà che sarebbe stato meglio fare quella pubblicità in blu, che si poteva fare uno stand diverso in fiera, che sono stati buttati soldi per delle cose che non servivano. Anche in questo caso, le competenze di marketing di chi si abbandona a questi giudizi spesso e volentieri sono minime, quando non del tutto inesistenti, e i giudizi arrivano sempre ex post.
In questi giorni ha imperversato una polemica intorno alla creatività scelta dal Ministero del Turismo per la promozione dell’Italia nel mondo. Sì, quella della Venere di Botticelli che diventa influencer. Di solito cerco di stare fuori dal dibattito sui temi dell’attualità perché non è per questo che ho creato questa newsletter e perché non voglio dare false aspettative a te che stai leggendo: non parlerò spesso di attualità.
Però, leggendo tutto quello che ho letto in questi giorni, che si può riassumere all’incirca con “il mio falegname con 30 mila lire lo faceva meglio” ho provato un irrefrenabile prurito. Pertanto mi lancerò nell’ardita impresa di difendere questa campagna e indirettamente, che il Signore possa fulminarmi per questo, difendere le scelte di un Ministero guidato da Daniela Santanchè.
Partiamo con alcune domande e risposte per inquadrare meglio il caso.
Poteva essere fatta meglio? Sì, qualunque cosa potrebbe esserlo.
È brutta in assoluto? Forse. Può piacere come no, ma non è questo il punto.
È stata pagata 9 milioni di euro come si legge in giro? No, 9 milioni è l’investimento totale, che comprende anche il budget media, quindi gli spazi pubblicitari necessari per la sua promozione. L’agenzia che l’ha realizzata (Armando Testa, quindi non proprio mio cugino) ha percepito una minima parte di questo investimento.
Sono stati trascurati degli aspetti (tipo il fatto che poco dopo l’annuncio della campagna con il payoff “Open to meraviglia” un’agenzia di marketing di Firenze si sia comprata il dominio opentomeraviglia.it o che ci siano delle immagini scaricate da Whatsapp sul sito)? Sì: come accade spesso quando lo Stato approccia il digitale o progetti complessi, in genere, i “buchi” sono tanti. Ma sono critiche che lasciano il tempo che trovano.
La maggior parte di quelli che criticano questa campagna sono sedicenti esperti di marketing? Sì.
Chi critica questa campagna appartiene al target della stessa? No.
È mai stata realizzata dall’Italia o da qualunque altro Paese una campagna turistica che non apparisse “cringe” agli occhi degli autoctoni? No.
Proprio qui sta il punto. Partiamo dal presupposto che sta tra le prime regole del marketing: il target di ogni iniziativa di comunicazione è per sua natura specifico. Non si può pensare di parlare “a tutti”. Non ci riesce neanche Coca Cola. Di conseguenza, non sarà mai possibile fare una campagna che possa piacere a tutti. Qualche critico ci sarà sempre. Ma soprattutto, quando si fanno delle campagne per la promozione dell’Italia all’estero, dobbiamo fare lo sforzo di ricordarci che il target non siamo noi. Qualche mese fa ho dedicato un numero di questa newsletter alle televendite. Ho parlato di chi vende in TV gli avvolgitapparella elettrici. Chiaramente, se osserviamo quelle telepromozioni con gli occhi degli esperti di digital marketing, ci fanno inorridire. Ma il target non siamo noi: è l’anziano che sta a casa tutto il giorno, non sente tanto bene, ha la TV sintonizzata su Primantenna e deve capire bene tutto prima di fare un acquisto. Il fatto che ci siano almeno quattro produttori di avvolgitapparelle che si fanno concorrenza sulle TV locali significa che quella pubblicità funziona. Con buona pace degli esperti di marketing.
Qui è la stessa cosa: dobbiamo promuovere l’Italia a chi italiano non è. Non deve piacere a noi. Chiaramente è una rappresentazione che deve essere stereotipata: che ci piaccia o no è l’unico modo per essere capiti al volo, nei pochi secondi a disposizione. Non è con una pubblicità che modificheremo la percezione dell’Italia all’estero.
Ma poi: chi critica questa campagna, come l’avrebbe fatta? No, perché se è così semplice dire cosa non bisogna fare, immagino ci sia una soluzione semplicissima.
Per capirci qualcosa di più, senza scomodare gli italici esempi del passato assai criticati (vedi Rutelli che invita a visitare l’Italia in inglese), vediamo come altri Paesi del mondo hanno risolto questo problema.
La Spagna pochi mesi fa l’ha risolta con: Picasso, il mare, uno che suona per strada, una che balla il flamenco sempre per strada perché “ah, come sono pazzi questi spagnoli che ballano sempre!”, il celebre vino spagnolo e una musichetta in cui il tempo è battuto dalle nacchere:
La civile Germania ha prodotto uno spot a base di immagini stock vantandosi di essere una meta a buon mercato, un luogo di gente accogliente e, soprattutto, “inspiring”. Certo, ho visto un sacco di persone che al ritorno da un viaggio a Francoforte si sono sentite ispirate. Al suicidio. No, scherzo: alla tossicodipendenza.
E i nostri cugini francesi? Beh, loro si sono impegnati davvero. Slogan pazzesco: “Explore France”. No, mettici pure un hashtag: “#ExploreFrance”. Lo spot? Video stock di posti in Francia, un po’ di formaggi e un po’ di inclusione: c’è uno in sedia a rotelle su un molo, una coppia di lesbiche nere che mangiano ad un tavolo con degli altri francesi che sorridono. C’è pure una ragazza con i capelli rossi, talmente sono aperti alle diversità.
Vabbè, andiamo dall’altra parte del mondo: di sicuro sarà uscito qualcosa di interessante. In Australia hanno fatto uno spot con il canguro Ruby che mostra le bellezze dell'Australia all'unicorno Louie, lo straniero.
Guardandolo dall’Italia non sembra neanche bruttissimo. Ebbene: quando è uscito ha suscitato feroci critiche. Da parte di chi? Di sedicenti esperti di marketing australiani. Che rappresentano il target della pubblicità? No.
Infatti, prima del suo rilascio, lo spot è stato fatto vedere a una serie di persone comuni provenienti dai principali Paesi target della campagna che puntava a far tornare il turismo in Australia dopo gli anni di Covid. Le opinioni del pubblico sullo spot australiano, ad eccezione di quei simpaticoni dei francesi, sono state estremamente positive (vedi tabella qui sottto).
Il punto è che, per l’oggetto specifico “spot per una campagna di marketing per promuovere il turismo all’estero” le strade che si possono seguire sono due: spot di immagini stock con le bellezze del Paese e basta oppure spot di immagini stock di bellezze del Paese più qualcos’altro. In entrambi i casi la campagna verrà criticata in patria. Nel primo caso perché è troppo semplice, nel secondo perché il qualcos’altro non va bene: è troppo qualcosa o troppo poco qualcos’altro. In ogni caso sarà criticata la quantità di denaro in gioco, come se farsi pagare per un lavoro fosse una colpa, e in ogni caso qualche esperto di marketing avrebbe saputo farla meglio, ma senza mai spiegare come. Ma soprattutto, possiamo stare qui ore a criticare le campagne di ogni Paese, ma ci dimentichiamo:
a) che le variabili in gioco sono troppe e non è semplice, in assoluto, inventarsi un’iniziativa di comunicazione che racconti la complessità di un Paese in un formato di pochi secondi come può essere un minuto di adv su YouTube
b) che non siamo noi il target
Se bisogna proprio muovere una critica, probabilmente a essere da rivedere è lo strumento più che la creatività. Davvero le iniziative di questo tipo portano “brand awareness” all’Italia o a qualunque altro Paese? Davvero c’è qualcuno che viene in Italia perché vede uno spot da qualche parte o un’affissione in aeroporto o forse ci viene perché abbiamo un “brand” consolidato, stratificatosi negli anni, e riconosciuto nel mondo per tanti altri motivi?
Se si spendessero gli stessi nove milioni di euro oggi oggetto di critiche per pagare influencer stranieri per farli venire da noi e produrre contenuti che mettano in luce l’Italia in una maniera diversa, questo funzionerebbe meglio o peggio rispetto alla virtual influencer lanciata la scorsa settimana? Forse meglio su un target giovane, ma per i più anziani (che poi sono quelli che spendono di più quando vengono qui, quindi il vero target di queste iniziative)? Chi lo sa. Bisognerebbe provare. Magari per poi scoprire che non è così semplice misurare l’impatto di campagne di questo tipo.
È anche questo il bello del marketing: una scienza che non è una scienza, complessa e inesatta.
Per fortuna le altre due professioni tra le ultime quattro che ho svolto mi danno la patente per poter dire quello che penso di televisione e di marketing, quindi ancora per un po’ ti toccherà leggere i miei giudizi sommari. Posso solo farti una promessa: è l’ultima volta che difendo la Santanchè.
Nelle puntate precedenti
Questa newsletter esce a sorpresa e parla di cose a caso come: l’LSD, le cose che imparo, la sinistra, RAI Play, le televendite, le previsioni, i cinepanettoni, Elon Musk, l’arte, il metaverso.
Due uscite in meno di una settimana. Non potrò mantenere questo ritmo. Di conseguenza, non ti aspettare di sapere quando riceverai il prossimo numero.